BACK SQUAT: IL KING DELLA PREPARAZIONE ATLETICA! O FORSE NO?

Stiamo vivendo un’epoca dove è innegabile che il livello atletico richiesto per eccellere nello sport a livello mondiale si sia alzato in maniera drastica.

Soprattutto negli sport di situazione (calcio, basket, tennis..) non basta più essere tecnicamente bravi; bisogna essere sì dei fenomeni tecnici, ma dei fenomeni tecnici MOLTO FORTI, MOLTO VELOCI, MOLTO RESISTENTI.

Il professionista dello sport moderno è un ATLETA a 360°, molto bravo non solo a creare magie con i ferri tipici del suo mestiere (piedi, mani, racchette, mazze, palline..) ma anche e soprattutto capace di elevare al massimo possibile le proprie capacità fisiche.

Assodato questo, è innegabile l’importanza che ha assunto il lavoro extracampo nella preparazione fisica di queste nuove macchine da guerra. In special modo il lavoro in sala pesi.

E col passare del tempo è diventato necessario rendere il lavoro in sala pesi dello sportivo un qualcosa di sensato e di mirato per esaltare quelle che sono le richieste specifiche dello sport in cui l’atleta è impegnato, uscendo dalle credenze vecchio stampo tipo “i pesi rallentano, i pesi li fanno i bodybuilder”. Ovvio che se in sala pesi facciamo fare bodybuilding ai calciatori, non otteniamo un grandissimo miglioramento della performance (nella migliore delle ipotesi. Nella peggiore, facciamo danni)

Richieste prestative che dal lato tecnico sono estremamente specifiche (sport che si giocano con le mani, sport che si giocano con i piedi, sport che si giocano con mani e piedi e sport che si giocano utilizzando un attrezzo o con attrezzatura ingombrante di supporto etc).

Ma che dal lato fisico possono essere “accorpate” in maniera da ragionare, dal punto di vista della preparazione atletica, più sulle similitudini che sulle differenze.

Ora, ragionando insieme, cosa hanno in comune a livello prestativo la quasi totalità degli sport di squadra o individuali che prevedono il dover mettere a segno un qualche tipo di punto contro uno o più avversari?

Tic, tac, tic, tac…

In praticamente tutti gli sport di situazione gli atleti principalmente

  • CORRONO (accelerano, decelerano, cambiano direzione),
  • SALTANO (in verticale, in orizzontale, con una gamba sola, con due gambe.. inoltre, sembrerà banale, ma dopo aver saltato atterrano e necessitano quindi anche di saper “assorbire” ingenti quantità di forza),
  • ENTRANO A CONTATTO con gli avversari secondo modalità diverse in base allo sport praticato (si lo so, nel tennis e nella pallavolo non si toccano e gli schemi sopracitati sono un pò particolari…ma questo fa parte delle specificità della singola disciplina). 

Possiamo dedurre quindi che il grosso fattore che influenza queste azioni, in positivo o in negativo, è la capacità di esprimere forza (e potenza) con gli arti inferiori. Oltre ovviamente alla capacità di gestire perturbazioni esterne per stabilizzare il tronco e tutta la struttura durante queste azioni svolte ad intensità massimali; e chi si occupa di gestire, assorbire e trasmettere ove ce ne sia il bisogno queste forze è il nostro caro e vecchio complesso Hi.C.S. (i muscoli e le relative connessioni dell’area compresa tra il Core, le Anche e le scapole).

Ma oggi siamo qui per parlare di forza nelle gambe. Forza per correre veloce, frenare in maniera efficace e sicura, cambiare direzione e resistere agli urti della vita… no, quella era una canzone. Scusate.

Come possiamo quindi rendere le gambe dei pistoni infaticabili e potentissimi in grado di far saltare più in alto, far correre più veloce e far cambiare direzione in maniera più rapida e sicura ai nostri atleti?

Ora sono sicuro che se nello stesso ragionamento compaiono i concetti di “arti inferiori” e “forza” (lasciamo da parte in questo discorso la capacità condizionale Potenza avendone parlato nel precedente articolo dove abbiamo analizzato il perché non è una buona idea utilizzare la Pesistica Olimpionica Classica nei contesti sportivi per il miglioramento di questa capacità), molti di voi andranno subito col pensiero a lui come prima opzione per migliorare questi aspetti.

The king: lo squat col bilanciere (magari nelle versioni Back, col bilanciere dietro e sulle spalle).

E a una prima superficiale analisi sembrerebbe anche una buona idea.

Lo squat ha molte buone qualità:

– è un esercizio multiarticolare e ad alto coefficiente coordinativo (la coordinazione ci serve, altrimenti basterebbe fare le cosce alla leg press come i bodybuilder)

– ci dà la possibilità di utilizzare grossi carichi (necessari per diventare molto forti, altrimenti basterebbe fare equilibrismo sulle bosu) e di poter seguire progressioni settimanali per molto tempo (utilizzando incrementi di peso molto piccoli, cosa che con manubri e altri tools non sempre è possibile visti i salti di peso forzatamente più ampi)

– ci restituisce transfert su quella che è la capacità di generare forza al suolo

Mancano però a mio avviso un sacco di aspetti da valutare per essere sicuri che usare il back squat per la preparazione atletica di atleti di sport di situazione (e che gareggiano con una frequenza alta durante l’anno) sia la scelta migliore.

Analizziamo nel dettaglio la questione.

E’ innegabile che se un atleta è in grado di fare squat pesante in maniera tecnicamente pulita, questo atleta sarà indubbiamente FORTE.

Mancano però a mio avviso un sacco di aspetti da valutare per essere sicuri che usare il back squat per la preparazione atletica di atleti di sport di situazione (e che gareggiano con una frequenza alta durante l’anno) sia la scelta migliore.

Analizziamo nel dettaglio la questione.

E’innegabile che se un atleta è in grado di fare squat pesante in maniera tecnicamente pulita, questo atleta sarà indubbiamente FORTE.

Ma squattare pesante presenta delle criticità IRRISOLVIBILI in contesti sportivi dove:

  • le sedute settimanali di “potenziamento” sono limitate come frequenza (3 o 4 a settimana per circa 6/8 settimane nella fase di transizione, 2 o 3 a settimana per 6/8 settimane in fase di offaseason e 1 o 2 a settimana, in contesti molto “illuminati”, durante la stagione agonistica).
  • La durata delle sedute è anch’essa limitata e bisogna lavorare in maniera globale: non è pensabile dedicare l’unica seduta della settimana interamente ad un singolo esercizio e a maggior ragione ad un esercizio così specifico.
  • Il rischio di “problemi” o infortuni (non per forza gravi, ma anche affaticamenti o indolenzimenti troppo marcati) deve tendere a zero (sia per motivi pratici, visto che gli atleti di “mestiere” fanno altro, sia per motivi “culturali” legati ad una visione ancora troppo poco accogliente della preparazione atletica con i pesi negli sport di situazione)
  • Gli atleti hanno misure antropometriche ottimizzate e selezionate per il compito specifico che devono svolgere in campo, non per fare fare squat pesante
  • Atleti che inoltre hanno mediamente background di allenamento lontani dall’utilizzo di determinati mezzi e metodi

QUANTO TEMPO SERVE PER IMPARARE A SQUATTARE BENE E PESANTE?

Per essere considerato forte e per rendere profittevole a livello prestativo l’utilizzo del back squat nella preparazione atletica, quanto deve sollevare un atleta? Diciamo tra 1,5 e 2 x bw?

Ecco. Quanto tempo serve affinchè un atleta di un qualsiasi sport di situazione (quindi un atleta tendenzialmente non adolescente che nella maggior parte dei casi non ha mai allenato specificamente questo esercizio) riesca a produrre una performance del genere in maniera sicura? (cioè senza farsi male prima, durante e dopo).

TROPPO.

Facendo finta che le misure corporee dei soggetti in questione siano ideali per l’esecuzione dello squat e che a livello articolare tutto funzioni perfettamente (quindi caviglie sempre a posto, spalle sempre in ordine etc… improbabile vero?)

Considerando il numero di sedute extracampo settimanali a disposizione come visto nei precedenti paragrafi, di durata variabile tra i 60 e i 90’ durante i quali non è possibile assolutamente fare solo squat e con un rapporto trainer/atleti troppo basso.

Abbiamo bisogna di qualcosa che consenta all’atleta di utilizzare un sovraccarico realmente impegnativo in poco tempo e con un livello di difficoltà di apprendimento molto più basso rispetto allo squat con bilanciere.

IL BACK SQUAT E’ SPECIFICO PER SPORT IN CUI SI CORRE, SI SALTA E SI CAMBIA DIREZIONE?

Lo squat migliora la forza nella parte inferiore del corpo, è vero. Ma in campo non si fa squat.

In campo si ACCELERA, si DECELERA, si CAMBIA DIREZIONE DI CORSA. Tutti gesti che hanno in comune il fattore che fa la differenza: la capacità di produrre e gestire forza in maniera UNILATERALE, MONOPODALICA e su PIU’ PIANI DI MOVIMENTO.

Diventare molto bravi a fare back squat non ci garantisce assolutamente di diventare più efficienti e più efficaci a compiere le azioni sopra descritte ad alta intensità.

Inolte il back squat è un esercizio poco destabilizzante in senso rotatorio e poco utile all’apprendimento della generazione di forza in condizioni in cui gli arti superiori si muovono (o sono soggetti a forze) e gli stabilizzatori dell’anca e del core fanno di tutto per non farci ruotare disperdendo forza.

CHE ESERCIZI USARE QUINDI?

La scelta dovrebbe ricadere su lavori e varianti MONOPODALICHE dello squat, con l’ausilio di altri tools diversi dal bilanciere (kettlebell, manubri, catene, giubbotti zavorrati).

 Analizziamo quali e vediamo il perchè.

Partiamo dal considerare quale potrebbe essere una progressione didattica dove ad ogni UP della complessità motoria corrisponde un aumento delle richieste di stabilizzazione senza la perdita della possibilità di sovraccaricare l’esercizio (ricordiamoci che senza progressione di carico esterno, la forza non migliora. Serve muovere chili importanti per diventare realmente forti)

Una progressione didattica molto interessante è data da questa sequenza di esercizi:

  • Split squat (affondo statico)
  • Rear foot elevated split squat (affondo “bulgaro”
  • Skater squat
  • 1 leg box squat

Oggi vi propongo due video che illustrano lo SKATER SQUAT, vantaggioso come gli altri 3 rispetto al BACK SQUAT anche dal punto di vista della sicurezza.

SICUREZZA

Ricordiamoci sempre che stiamo parlando di atleti che di mestiere principalmente fanno altro e come mi ha insegnato un mio grande maestro, il ruolo primario di un preparatore fisico è quello di non fare danni; poi di migliorare al massimo le qualità dei suoi atleti.

Problemini a gomiti, polsi, bassa schiena etc NON SONO AMMISSIBILI, e le varianti monopodaliche “barbellfree” hanno anche il grosso vantaggio di non stressare spalle, gomiti, polsi mentre si esegue l’esercizio.

Link ==> https://youtu.be/Tivrc9UhELc

Tutto questo senza perdere CAPACITA’  DI CARICO

Come potete vedere nel video, è possibile gestire sovraccarichi importanti (174 lbs = 79 Kg x GAMBA). Questo dato porterebbe a pensare che lo stesso atleta sia in grado di effettuare 6 ripetizioni di back squat con 158 kg ma in genere ciò non accade!

Questo è un vantaggio poiché:

– Usiamo più peso per arto rispetto alla versione bipodalica

– La colonna avrà uno stress inferiore

– Necessitiamo di meno tempo per adattare il nostro atleta a gestire carichi allenanti in questo esercizio

– Somministriamo un esercizio che ha un forte impatto sulla stabilità del core e sulla produzione di forza monopodalica

L’atleta in video sforna una performance impressionante alla quale si arriva in questo modo:

  • Progressione sulla complessità motoria della variante monopodalica (split squat – rear feet elevated split squat – skater squat..)
  • Progressioni sull’intensità dell’esercizio target (aumento progressivo del R.O.M. utilizzando rialzi via via più bassi – aumento progressivo del sovraccarico)

Nel video seguente invece una esecuzione da proporre in fase di approccio iniziale allo skater squat:

  • Rialzo per una leggera riduzione del R.O.M. di lavoro
  • Due dischetti/manubri che aiutano la gestione dell’equilibrio

Ora, per aumentare la forza della parte inferiore del corpo  si usa il Back Squat da decine di anni, ma a mio parere, in contesti moderni di preparazione atletica per sport di situazione questa non è  la soluzione ideale per alcuni motivi.

Ricapitoliamo

– Lo sport è cambiato, l’atletismo è aumentato e in campo si fanno cose diverse rispetto alle scorse decadi e si svolge tutto a intensità massimali o submassimali.

– Nella totalità degli sport di situazione una grossa fetta di movimenti è composta da accelerazioni, decelerazioni e cambi di direzione; tutti gesti MONOPODALICI e fortemente CORECENTRICI

– Il back squat è un esercizio BIPODALICO mentre a noi serve imparare a generare forza con un arto alla volta.

– Si necessita di troppo tempo per arrivare a maneggiare in maniera sicura carichi realmente impegnativi e allenanti

– ci troviamo a lavorare con atleti adulti che non è detto abbiano le misure adattate o un background di allenamento adeguato che faciliterebbe l’apprendimento

– Non crea instabilità rotatoria a livello del core

Alla luce di tutti questi aspetti possiamo quindi considerare il back squat una scelta sconveniente in termini di rapporto Costo/Risultato.

Il tempo in sala pesi va ottimizzato usando esercitazioni e proposte motorie che, mantenendo i principi di sovraccarico e di stimolo adeguato per l’allenamento della forza, allenino l’atleta secondo la logica funzionale andando a stimolare quelli che sono i meccanismi di protezione e di controllo motorio. Sistemi di emergenza che dovranno funzionare in quelle situazioni in cui le richieste prestati saranno di livello molto alto.

La forza è il primo fattore preventivo degli infortuni sportivi, ma deve essere specifica. La leg press non centra nulla con i movimenti atletici e sportivi, il back squat manca di troppi “tasselli” per essere realmente utile in un contesto come quello sopra descritto.

Lo skater squat (cosi come le varianti meno complesse degli squat monopodalici) renderanno i nostri atleti PIU’ MOBILI, PIU’ STABILI, PIU’ FORTI.

Le varianti monopodaliche ginocchio dominanti rispetto al back squat danno più vantaggi a livello prestativo minimizzando i rischi dell’allenamento con sovraccarichi.

Salute e Performance, performance e salute.

Provate e godetene tutti.

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Dott. Daniele La Rocca

Chinesiologo, Prof. educazione fisica

Esperto di allenamento funzionale

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