Nel mio primo articolo del blog voglio iniziare a parlare di pesistica olimpica o sollevamento pesi olimpico. Molto spesso quando parlo di sollevamento pesi le persone pensano subito alla sala pesi, confondendo il weightlifting con il bodybuilding. Sappiamo come la storia del sollevamento pesi abbia radici molto antiche, già nell’antica Grecia gli atleti utilizzavano alteri (pesi) di vari materiali, pietra o metallo, assai diversi nella forma e nel peso, sia per migliorare le prestazioni nel salto in lungo, sia per irrobustire il fisico.
La prima gara di sollevamento pesi della storia, probabilmente, vide protagonista il famoso Milone di Crotone che, come scritto da Claudio Eriano, contrapposto al pastore Titormo. Così narra Eriano:
Si narra che Milone, il quale era orgogliosissimo della sua forza fisica, si imbatté un giorno nel pastore Titormo e, vedendo che questi aveva un corpo possente, volle metterlo alla prova. Pur ritenendo di non essere particolarmente robusto, Titormo scese sulla riva del fiume Eveno e, toltosi il mantello, afferrò un macigno enorme: lo tirò a se e lo allontanò due o tre volte, quindi lo sollevò fino alle ginocchia e, infine, presolo sulle spalle, lo portò alla distanza di otto orge (circa 15 metri) e lo scaglio lontano. Milone, invece, riuscì a stento a muovere quel masso
Fu così che il grande Milone dovette arrendersi ad un perfetto sconosciuto. Titormo si laureò primo campione di sollevamento pesi della storia.

Questa digressione storica serve a far capire come sia insito nell’uomo il desiderio di mostrare la propria forza. Questa inclinazione è rimasta anche ai giorni nostri, quello che è cambiato è il modo di esibirla. E qui iniziamo ad introdurre il sollevamento pesi come disciplina olimpica. La pesistica è stata sempre presente fin dalla prima edizione dei giochi olimpici moderni (Atene 1896). Inizialmente erano previste varie competizioni di sollevamento (con una mano, due mani, con l’utilizzo di vari manubri). Dalle olimpiadi di Anversa del 1920 sono state introdotte le categoria di peso, poi diventate una costante. Attualmente le gare di sollevamento pesi consistono in due esercizi: lo strappo e lo slancio. Lo slancio è a sua volta composto da due parti: la girata e la spinta. Fino al 1972 il sollevamento pesi consisteva invece in tre specialità; comprendeva infatti un ulteriore esercizio chiamato “distensione lenta”. Nella prima fase (la girata) la “distensione lenta” era uguale allo “slancio”; mentre differiva nella seconda fase in quanto il peso doveva essere spinto dal petto oltre la testa con l’aiuto delle sole braccia, cioè senza l’intervento degli arti inferiori con divaricata frontale o sagittale, arti che quindi dovevano rimanere distesi. Questo esercizio, che portava ovviamente a sollevare pesi minori rispetto allo strappo, venne eliminato a causa della difficoltà nel giudicare se il sollevamento veniva effettivamente eseguito in maniera corretta, cioè senza aiutarsi con le gambe come avviene con lo slancio.
La presenza di una terza prova contribuiva a modificare sostanzialmente l’impostazione degli allenamenti, con molto volume occupato dal potenziamento della parte superiore del corpo in funzione del miglioramento della distensione lenta. Se paragoniamo, infatti, la struttura corporea dei pesisti di quell’epoca ci possiamo rendere conto della specificità dell’allenamento.

Ad un occhio inesperto un’alzata della pesistica potrebbe sembrare un gesto all’apparenza semplice. In fin dei conti si tratta di portare un carico sopra la testa, un gesto che a tutti è capitato di fare, ovviamente non con carichi così estremi. In effetti il concetto alla base di ogni alzata è molto semplice: cercare di sollevare il massimo carico con meno energia possibile. Quest’ultima definizione fa rima con efficienza. Ecco per fare pesistica bisogna essere efficienti, semplice vero? Solo sulla carta. Infatti le variabili che influiscono sulla riuscita o meno di un’alzata sono innumerevoli. Il bilanciere deve percorrere molta strada rispetto ad altri esercizi che utilizzano il bilanciere, ad esempio lo stacco da terra. Questo rende la progressione nelle alzate della pesistica molto più lenta rispetto ad altre discipline di forza. Non solo a livello coordinativo, ma anche a livello psicologico, buttarsi sotto un bilanciere spesso caricato con pesi importanti rappresenta una prova di coraggio non indifferente. Spesso alzate importanti sono perse per questo motivo, soprattutto in atleti principianti/intermedi.
La tecnica dello strappo e dello slancio permette al sollevatore di pesi di raggiungere quella stabilità che permette di sfruttare la forza fisica e le forze esterne (energia elastica del bilanciere, reazioni vincolari etc.) durante le varie fasi dell’alzata. Alla fine è tutta questione di fisica, il nostro corpo è un sistema di leve che agiscono insieme. Caviglie, anche, ginocchia e spalle infatti sono tutte leve che, quando si muovono, hanno sia una componente orizzontale che verticale della forza. La risultante deve trovare una forza uguale e contraria in un’altra articolazione. Ad esempio ginocchio e spalla hanno una risultante orizzontale e diretta verso dietro, anca e caviglia hanno una risultante orizzontale diretta verso avanti. Queste forze devono essere eguali e contrarie e devono essere espresse simultaneamente affinché la forza totale sia espressa al bilanciere dandogli la massima verticalità possibile. “Mi ricorda qualcosa” potrebbero dire alcuni corsisti HMO! Se state pensando al ritmo articolare la risposta è Sì, proprio lui. Questo ritmo articolare è un concetto tanto banale quanto potente ed efficace, è sinonimo di efficienza. Volete migliorare uno squat? Lavorate sul ritmo articolare. Volete migliorare un push-up? Lavorate sul ritmo articolare. Volete migliorare uno strappo? Bravi, avete indovinato: lavorate sul ritmo articolare. La fase di estensione nello strappo e nello slancio ha lo scopo di indirizzare il bilanciere lungo una traiettoria verticale, questo avverrà solo se il ritmo articolare sarà corretto.

Quest’ultimo concetto ci aiuta a creare un trait d’union con i principi base della pesistica moderna, vi accorgerete come ogni singolo principio sia collegato al concetto di ritmo articolare. Andiamo ora ad analizzare uno ad uno i vari principi.
-Il primo principio è quello di “vicinanza”. Il bilanciere deve essere vicino al corpo e quest’ultimo a sua volta deve essere vicino al bilanciere. Se riusciamo a soddisfare questo principio il centro di gravità del bilanciere si troverà vicino a noi, riducendo così la resistenza. Se guardate i migliori pesisti del mondo, indipendentemente dalla nazionalità, noterete come tutti mantengano il bilanciere vicino al corpo. Questo migliora l’efficienza dell’alzata in modo significativo. Allontanare il bilanciere dal corpo rende l’alzata più difficile ed il peso risulta più “pesante”. Se il bilanciere si allontana il braccio della resistenza aumenta, così a parità di carico un braccio maggiore richiede maggiore dispendio energetico per muovere un determinato carico.
-Il secondo principio è “essere veloci”. Questo concetto viene spesso frainteso, chi deve essere veloce? L’atleta? Il bilanciere? O tutti e due? La risposta è che è il bilanciere che deve essere veloce. Non è tuttavia una velocità fine a se stessa ma deve essere espressa nel momento giusto dell’alzata. Molto spesso si vedono atleti che tentano di partire velocissimi da terra con il solo risultato di modificare il ritmo naturale dell’alzata con risultati controproducenti. L’alzata da terra deve seguire un crescendo, un climax, che porterà a accelerare il bilanciere al momento giusto. Se mi muovo troppo velocemente da terra il risultato sarà quello di violare il primo principio, il bilanciere si troverà lontano dal baricentro. L’alzata da terra fino alle ginocchio deve essere in un certo modo controllata, solamente dopo aver passato le ginocchia si assiste ad una marcata accelerazione che culmina nell’apertura degli angoli articolari degli angoli quando il bilanciere si trova a livello delle anche. Ricordiamo che mediamente la velocità del bilanciere nello strappo è circa 2 m/s con carichi vicini al massimale.

-Il terzo principio è “basso”. Questo significa cercare di incastrare il bilanciere nella posizione più bassa possibile mantenendo l’equilibrio e la compattezza. Se riusciamo a prendere un bilanciere il più in basso possibile significa che dovremmo anche spingerlo meno. Con questo non voglio dire che non bisogna spingere il bilanciere alto, sarebbe un errore. L’obiettivo è come sempre quello di migliorare l’efficienza dell’alzata. La condizione ideale vedrebbe il bilanciere salire ad una determinata altezza ed essere incastrato senza farlo scendere massimizzando così il carico sollevabile. Questo richiede ovviamente una grande dose di mobilità. Senza una tibiotarsica mobile determinate posizioni sono difficilmente raggiungibili.
In Fig.5 vedete un ottimo esempio di accosciata profonda ed incastro stabile.

-Il quarto principio è il “timing”. Questo è un concetto un poco sfuggevole. Quando un’alzata è corretta risulta bella da vedere. Questa “bellezza” è data dal ritmo. È molto difficile insegnare il ritmo esatto. È l’atleta che deve mano a mano assimilare le varie sensazioni e costruirsi un proprio ritmo. Questo dipende ovviamente dalle proporzioni corporee, altamente individuali. È uno degli aspetti che richiede più tempo per essere sviluppato e maneggiato. Questo rende il sollevamento pesi uno sport che richiede molto tempo e dedizione per essere appreso correttamente. La coordinazione inter e intramuscolare richiede centinaia di migliaia di ore per essere affinata alla perfezione. Solitamente un pesista inizia ad approcciarsi a questa disciplina in età scolare (10-12 anni) in modo che abbia il tempo necessario per sviluppare schemi motori corretti che gli permetteranno di sviluppare forza e migliorare i risultati competitivi.
-Il quinto ed ultimo principio è “stabilità”. La stabilità dell’alzata è data dalla somma dei principi precedenti, se riesco a mantenere il bilanciere vicino e applico la forza al bilanciere con il giusto timing, l’alzata risulterà stabile in ogni sua fase.
I cinque principi sono correlati e si rafforzano a vicenda. È impossibile massimizzare la velocità del bilanciere senza essere vicini. È impossibile massimizzare il peso che puoi alzare senza massimizzare la velocità del bilanciere e l’altezza raggiungibile. È impossibile avere un buon ritmo se il bilanciere si muove lentamente e l’atleta che lo prende senza accosciarsi. E senza un tempismo adeguato, è difficile incastrare il bilanciere nel suo apice e in posizione stabile. Infine, è difficile essere vicino al bilanciere ed esercitare la massima forza se si è fuori equilibrio in qualsiasi momento durante il sollevamento.
https://www.youtube.com/watch?v=wN0uDUTSRlM (video esplicativo)
Come vedete i fattori da considerare sono molteplici e rendono la pesistica olimpica “l’arte marziale dei pesi”. Sulle pedane mondiali si vedono atleti con corpi statuari dotati di forza ed esplosività incredibili, accompagnati da livelli di mobilità degni di un ginnasta. La pesistica è stata ingiustamente relegata ai margini del panorama sportivo nel corso degli anni, considerata sport per energumeni ed inadatto al genere femminile. Negli ultimi anni, anche grazie al diffondersi del crossfit, che ha sdoganato le alzate olimpiche e le ha portate alla ribalta, stiamo assistendo ad un aumento dei partecipanti, soprattutto tra le donne. Spesso le donne mostrano esecuzioni tecniche migliori degli uomini dal momento che sfruttano la loro maggiore mobilità per ovviare alla differenza di forza rispetto ai maschi
Nei prossimi articoli andremo ad analizzare in maniera approfondita le varie fasi delle alzate. Quali sono i punti chiave e gli errori principali che si possono riscontrare in ognuna di esse.

Dott. Gianluca Giorgi
Atleta e preparatore weight lifting
Esperto di neurologia funzionale applicata allo sport
Docente 4MOVE Academy
