Il mio primo incontro col powerlifting è avvenuto non molto tempo fa, circa cinque anni orsono, la mia prima competizione è stata una gara di panca, ci sono arrivato conoscendo poco e nulla di questo mondo, venivo dalla thai boxe, precedentemente giocavo da pallamano e un po’ di rugby, dunque la “palestra” era sempre stata collaterale e funzionale a migliorare le prestazioni in un altro sport agonistico. Nelle attività che avevo praticato fino a quel momento era normale avere una routine di riscaldamento più o meno fissa e piuttosto lunga e importante, nessuno si sarebbe sognato ad esempio di salire sul ring senza scaldarsi più che bene!
Per me dunque fu assolutamente normale costruirmi una preparazione specifica all’allenamento anche per il PL e davo per scontato che fosse prassi comune per tutti. Quando arrivai alla mia prima gara invece mi resi conto che mediamente il riscaldamento consisteva in poco più che qualche serie di avvicinamento, erano molto molto pochi gli atleti che invece si dedicavano a qualcosa di aspecifico prima di iniziare a sollevare ghisa. Devo dire che la cosa mi spiazzò un po’, ma ripensandoci e guardandomi indietro effettivamente essendo il powerlifting “lo sport della palestra” e avendo visto in 20 anni di lavoro in palestra sì e no 4/5 alieni “scaldarsi” prima di allenarsi riposizionai la mia impressione come invece una cosa del tutto sensata!
Col passare del tempo ho constatato con molta soddisfazione e gioia che prima delle gare si vedeva sempre più gente prepararsi in qualche modo alle alzate, lentamente sono arrivati i foam roller, le palline, la mobilità, lo stretching, gli esercizi di attivazione etc.
Il problema è che mi pare che ultimamente si stia un pelino esagerando…
Ho visto coi miei occhi gente fare 20’ di foam roller prima di infilarsi sotto il bilanciere, prodursi in contorsionismi forzati prima dello squat oppure spararsi 6 serie di plank zavorrato prima dello stacco…
Ecco, come sempre e come in quasi tutte le cose “in medio stat virtus”, probabilmente, tra non far nulla e impiegare 45’ e un sacco di energie prima di poter toccare il bilanciere c’è una gamma di possibili scelte più intelligenti, ma come fare per scegliere?
Piccolo inciso: se non potete fare a meno di usare 45’ del vostro tempo utile per l’allenamento per “riscaldarvi” rullandovi, usando la massage gun, facendo quindici esercizi di stretching, mobilizzandovi in ogni direzione anche staffa incudine e martello, ho una brutta notizia per voi, probabilmente il problema è in QUANTO E COME vi allenate, nella scelta degli esercizi e in come e quanto recuperate, a meno che davvero non abbiate qualche serio e vero problema!
Attenzione io sono un grande fan della preparazione all’allenamento, la scuola di Scott Sonnon e Alberto Gallazzi prima e il contatto e lo scambio di idee con tutti i nostri collaboratori in 4Move poi mi hanno influenzato moltissimo e sono fermamente convinto che una buona preparazione all’allenamento possa fare la differenza per quanto riguarda la prestazione e la sicurezza nel breve, medio e lungo periodo.
Ok, avevo mentito, l’inciso non era breve! Tornando a noi, come fare per scegliere come scaldarsi e quanto scaldarsi?
Bisogna avere ben chiaro cosa significa riscaldarsi e A COSA DEVE SERVIRE.
Partiamo da un ragionamento generale, la santa Wikipedia recita: “Nello sport il riscaldamento, in lingua inglese warm-up, è una pratica eseguita prima della prestazione fisica-sportiva (allenamento o gara) per consentire al corpo di riuscire ad affrontare il vero e proprio allenamento nelle migliori condizioni possibili, preparandolo, migliorando la prestazione fisica e riducendo il rischio di infortuni.” Dunque secondo Wikipedia ho ragione, questo mi fa dormire sonni tranquilli, ma se vogliamo entrare nello specifico, dobbiamo analizzare cosa SERVE nel powerlifting, per capire come fare a prepararsi al meglio alle domande di questo sport.
Il PL è uno sport fatto da tre soli movimenti e tutti e tre piuttosto semplici.
Semplici nel senso che non richiedono nè grandi abilità coordinative, nè grandi doti di mobilità. Diciamocelo tra di noi, tra squat, panca e stacco, non è che ci sia bisogno di essere grandi atleti per poter riuscire a chiudere qualche ripetizione da regolamento, cioè, non è salto con l’asta, o ginnastica artistica, o weightlifting, cioè, il “livello 1.0” del PL è raggiungibile da praticamente qualsiasi homo sapiens, a meno di limitazioni gravi dovute a problemi o infortuni. Per fare uno squat sotto il parallelo NON SERVE essere dei contorsionisti, per fare panca non c’è bisogno di essere pronti per le cirque du soleil, per fare stacco non si deve essere reclutabili per ls nazionale di ginnastica ritmica (no, nemmeno per il sumo!).
Dunque non serve grande coordinazione, non serve grande mobilità, allora cosa serve? In realtà se ci fermassimo ad analizzare i requisiti MINIMI per le tre alzate giungeremmo alla conclusione che il PL è uno degli sport più inclusivi che esista e di conseguenza anche il “riscaldamento” potrebbe essere veramente minimale, sì perché il riscaldamento diventa tanto più importante quanto più è complessa l’attività che ci troveremo ad affrontare.
Ovviamente per riscaldamento in questo caso mi riferisco a quello aspecifico, per intendersi, tutto quello che facciamo prima di toccare il bilanciere.
Il punto fondamentale però è che noi non vorremmo fermarci ai requisiti MINIMI per i tre esercizi, ma anzi vorremmo creare una preparazione che ci faccia andare oltre quei requisiti e ci faciliti il raggiungimento del nostro massimo potenziale e ci tenga il più lontano possibile da eventuali stress ed infortuni.
Partiamo dalla mobilità, ad esempio sullo squat, abbiamo detto che per scendere sotto il parallelo non servono chissà quali ROM disponibili, però può essere utile riflettere sul fatto che più ci avviciniamo alla fine del raggio di movimento di un’articolazione e più il nostro cervello tende ad andare in “protezione”.
Più in un movimento ci avviciniamo al 100% del ROM disponibile in quel momento e più sarà probabile che la mappa motoria che il nostro cervello ha di quella zona sia di scarsa qualità, questo si tradurrà in un movimento peggiore, in una minore capacità di esprimere forza ed ad un minore controllo, non proprio quello che rende ottimale un’uscita solida e potente dalla buca in squat no?
Dunque cosa fare? Possiamo agire su due fronti, cioè, o aumentare il nostro 100% di rom disponibile o spostare più in là la “zona rossa” di pericolo che il nostro cervello tende a piazzare in modo molto prudente. Come? Per migliorare l’angolo disponibile potremmo lavorare con semplici esercizi di stretching o mobilità, per spostare la “zona rossa” può essere utile insegnare al nostro corpo a contrarre i muscoli vicino alla fine del raggio massimo di movimento. La cosa bella è che possiamo fare tutte e due le cose insieme!
La cosa migliore sarebbe eseguire qualche semplice test per individuare se ci siano zone particolarmente deficitarie in quanto a capacità di movimento ed iniziare proprio da quelle, a quel punto potremmo anche usare il famigerato foam roller per qualche secondo (non per “allungare” la fasciaaa) per facilitare il successivo esercizio di mobilità, che potrebbe essere dapprima passivo, poi attivo con movimenti lenti e controllati per trasformarsi successivamente in una contrazione dei muscoli in posizione di allungamento per arrivare infine a contrarre gli antagonisti per mantenere la posizione appena acquisita. In questo modo acquisiremo raggio di movimento e parallelamente miglioreremo la capacità di far funzionare i muscoli nel nuovo range, con un miglioramento molto probabilmente anche nel gesto sportivo successivo!
Potremmo inserire un ulteriore step per riuscire a portare ancora più benefici nel movimento di gara usando un esercizio “intermedio” che ci aiuti a sfruttare il nuovo rom acquisito e la migliore capacità di movimento, ad esempio per lo squat, dopo gli esercizi di mobilità potrei inserire qualche serie di skater squat prima di passare al riscaldamento specifico.
Forse meglio passare ad un esempio pratico…

Potremmo partire da un “problema” pratico, come si vede dalla foto 1 nello squat eseguito anche a corpo libero si può osservare che il ginocchio sinistro tende a “cadere” verso l’interno, questo potrebbe essere causato da diversi fattori, dunque per non andare a tentoni potremmo eseguire dei semplici test di mobilità analitica e osservare SE già in quelli si evidenzi qualche anomalia.

Nella foto 2 si vede quello che potrebbe effettivamente accadere ad un soggetto che presenti la particolarità osservata durante l’accosciata, ossia una ridotta mobilità in rotazione esterna ad anca flessa. Il passo successivo sarà quello di provare a guadagnare rom e controllo in rotazione esterna ad anca flessa, come? Un video in questo caso è più utile di tante spiegazioni
Come avete potuto vedere non ci siamo limitati a fare dei semplici esercizi di stretching o di mobilità, ma abbiamo provato a “riattivare” i muscoli preposti nel nuovo raggio di movimento appena sbloccato, questo vale soprattutto nel PL perché abbiamo tensioni muscolari molto elevate e spesso raggi di movimento guadagnati solamente con mobilità passiva danno poi pochi guadagni durante le alzate.
Dopo aver eseguito questa routine sarebbe buona norma ritestare il rom e lo squat per capire se ci siano state variazioni e di che tipo esse siano state; ovviamente ci aspettiamo un miglioramento del rom e con buona probabilità anche un transfer nella qualità dello squat.
Come abbiamo detto per garantirci di portare ancora più beneficio nell’esercizio con sovraccarico può essere utile inserire un esercizio che ci permetta di sfruttare i miglioramenti e “fissarli” nel nostro sistema nervoso, lo skater squat che vedete nella foto 3 può essere molto utile allo scopo.

Come vedete nella foto sarà utile cercare di enfatizzare la spinta verso l’esterno del ginocchio che in questo caso, visto che siamo in appoggio monopodalico sarà necessariamente generata da una sinergia tra la nuova mobilità dell’anca e la capacità del piede di generare stabilità.
Visto che siamo in argomento, vorrei sottolineare quanto il “riscaldare” e attivare il piede sia incredibilmente poco considerato prima di sollevamenti pesanti come squat e stacco dove invece avere una base a terra stabile e funzionale può fare davvero la differenza. Pochi esercizi mirati su piede e caviglia riescono a migliorare nel breve e lungo termine le alzate molto più di quanto si possa credere!
Ricapitolando e cercando di generalizzare il ragionamento: per creare un riscaldamento EFFICIENTE ed EFFICACE, perché questi devono sempre essere i nostri obbiettivi, possiamo agire in questo modo:
1. Osservazione dell’esercizio per il quale dobbiamo disegnare il riscaldamento e valutare eventuali problemi macroscopici.
2. Analizzare i rom disponibili delle principali articolazioni coinvolte, individuare eventuali anomalie, che possono essere: raggi di movimento non fisiologici, o asimmetrie marcate
3. Lavorare per guadagnare mobilità dove abbiamo trovato punti deboli, senza limitarci a mobilità passiva ma anzi attivando in maniera marcata i muscoli preposti al movimento da facilitare vicino alla fine del loro raggio di movimento.
4. Trovare un esercizio di “collegamento” tra l’esercizio di mobilità e l’esercizio di gara, che ci permetta di sfruttare in modo integrato i rom guadagnati durante la mobilità in modo da aumentare il transfer dei miglioramenti appena ottenuti.
In questo modo saremo sicuri di fare cose davvero utili, investiremo il nostro tempo in qualcosa che veramente ci può dare benefici sia nella singola seduta sia che a lungo termine, ovviamente può essere utile ciclicamente ripetere i test e aggiustare di conseguenza gli esercizi da eseguire.
In questa ottica l’uso del foam roller viene ridimensionato molto, ma può rimanere utile come “facilitatore” prima di passare alla vera e propria mobilità, ad esempio, nel caso analizzato, prima di eseguire l’esercizio del video avrei potuto usare il foam roller per 30”/40” sulla parte laterale del gluteo in modo da dare uno stimolo importante alla zona sulla quale sono andato poi a lavorare per facilitare i guadagni successivi.

Per concludere, vorrei sottolineare l’importanza di avere un metodo intelligente per scegliere gli esercizi più adeguati da inserire nella routine di riscaldamento.
Questa scelta deve essere eseguita come abbiamo visto, in generale valutando gli esercizi che si stanno per eseguire e in particolare per l’atleta che si sta apprestando a farli.
Questo ci permetterà di poter ottimizzare il tempo a disposizione, per essere sia efficaci che efficienti nel raggiungere la migliore condizione possibile per l’allenamento, ottenere le migliori performance possibili sia durante il singolo allenamento sia, di conseguenza, nel lungo periodo. Inoltre scegliere accuratamente la preparazione all’allenamento contribuirà a farci funzionare meglio e conseguentemente a tenerci più al riparo dagli infortuni!
Insomma, proprio quello che diceva la definizione di Wikipedia citata all’inizio, che bello!
Se avete domande potete contattarmi sul mio profilo Instagram @dmax23
Tutto il nostro corso “nome corso” parlerà di questo, trasmetterà i concetti sui quali sono basate le scelte e il metodo e fornirà gli strumenti di base per poter iniziare da subito a rendere proficuo il tempo dedicato alla preparazione delle alzate pesanti!

Lorenzo Di Maio
Atleta e preparatore powerlifting
Esperto di allenamento funzionale
Docente 4MOVE Academy
