Nel primo articolo di questa serie abbiamo analizzato le origini della pesistica e la sua evoluzione durante i secoli, fino ad arrivare a quella che noi definiamo la pesistica “moderna”. La visione moderna della pesistica vede al centro l’efficienza del gesto tecnico, il sollevare un peso impegnativo con meno forza possibile. Per ottenere tutto ciò serve rispettare principi solidi e universali: il bilanciere deve essere vicino al corpo dell’atleta, si deve muovere velocemente, deve essere ricevuto in una posizione stabile e più bassa possibile e tutta l’alzata deve rispettare un dato ritmo. Semplice no? Non proprio dal momento che servono ore di allenamento e centinaia di migliaia di ripetizioni per rendere un’alzata efficiente. In questo secondo articolo andremo più a fondo a studiare ogni componente dell’alzata, partendo dal bilanciere a terra fino alla fase finale della risalita dalla fase di incastro. Come vedremo ogni singola fase prepara le successive in un crescendo che porta a trasferire tutta la nostra potenza al bilanciere, fornendogli l’inerzia necessaria per raggiungere un’altezza sufficiente per essere ricevuto in accosciata. Le indicazioni tecniche che vi darò valgono sia per lo strappo che per la girata, l’unica differenza sarà la posizione finale di ricezione del bilanciere che per la girata sarà un front squat mentre per lo strappo un overhead squat. Andiamo ora a scoprire fase per fase come si costruisce l’alzata perfetta.
Posizione di partenza
L’obiettivo della posizione di partenza è quello di preparare fisicamente e psicologicamente l’atleta ad essere nella migliore posizione per sollevare il bilanciere sopra la testa. Una corretta posizione di partenza renderà più facile ed efficiente il resto dell’alzata seguendo il detto comune nella pesistica “una partenza perfetta è metà dell’alzata”.
Per iniziare, l’atleta si deve porre esattamente di fronte al bilanciere in corrispondenza del centro di quest’ultimo. La distanza dei piedi e di conseguenza delle gambe è all’incirca uguale alla larghezza delle spalle o più in generale simile alla stance che utilizzeremmo se dovessimo eseguire un salto in alto da fermi. Questa posizione ci permetterà di esprimere la massima forza e potenza durante l’alzata. Una stance dei piedi troppo larga, infatti, ridurrebbe la “spinta di gamba” e non permetterebbe di elevare il corpo dell’atleta come con una stance più stretta. Dall’altra parte, una stance troppo stretta renderebbe difficoltoso il posizionamento corretto dell’atleta rispetto al bilanciere e lo costringerebbe ad una posizione di partenza scomoda. Ovviamente il tutto dipende dalle proporzioni fisiche di ogni atleta. Tendenzialmente un atleta molto forte di gambe ma con limiti di mobilità potrebbe trovarsi più comodo con una stance leggermente più larga mentre un’atleta più “debole” di gambe ma con una buona mobilità potrebbe beneficiare da una posizione più stretta dei piedi. La distanza del bilanciere dalla tibia è tale che l’atleta guardando il bilanciere dovrebbe vedere la proiezione di quest’ultimo cadere all’incirca a livello della base dei metatarsi. Una volta individuata la giusta stance l’atleta, piegando le gambe, arriverà a toccare il bilanciere con le tibie. Tutto questo deve essere fatto senza spostare il bilanciere, almeno nelle prime fasi di apprendimento. Le ginocchia andranno spinte verso l’esterno per fare spazio al busto del pesista e in generale saranno allineate con i piedi, i quali si troveranno in una posizione leggermente extraruotata. Questo movimento permetterà di diminuire la distanza tra il centro di gravità del bilanciere e quello dell’atleta; se il bilanciere si trova distante dalla proiezione delle anche, infatti, verrà meno il principio della vicinanza che abbiamo analizzato nel primo articolo. Queste piccole differenze si fanno grandi all’aumentare dei kg caricati sul bilanciere e possono risultare decisive nel successo o meno di un’alzata. In base alle proporzioni corporee varierà il grado di inclinazione del tronco rispetto al pavimento. Atleti con busto corto tenderanno ad avere una partenza con le anche più alte ed il busto maggiormente inclinato, atleti con busto lungo al contrario avranno una posizione di partenza con anche più basse e busto più verticale.

Una volta che la parte bassa del corpo è in posizione l’atleta afferra il bilanciere utilizzando la presa ad uncino. Questa presa è la più sicura e salda tra quelle possibili e permette di mantenere le braccia il più rilassate possibili, dettaglio questo fondamentale. L’impugnatura durante lo strappo è larga e permette di far percorrere al bilanciere una traiettoria più corta, inoltre in fase di incastro riduce l’altezza del bilanciere da terra rendendo la posizione più stabile. Dall’altra parte una presa molto larga è più impegnativa per la presa e richiede un maggior lavoro ai muscoli della schiena. Anche in questo caso occorre trovare i giusto compromesso in base alle caratteristiche del singolo atleta.

Una volta assicurata la presa sul bilanciere è necessario alzare il petto in alto e verso fuori, in questo modo la parte alta della schiena si raddrizza e si compatta permettendo alle braccia di allungarsi. È importante distinguere tra l’estensione toracica e quella lombare. La zona lombare, infatti, deve essere mantenuta neutra senza cercare una iperestensione forzata. Molto spesso chi è poco mobile a livello del torace tenderà a compensare con la zona lombare, inarcando eccessivamente la schiena. Questo atteggiamento comprometterà la capacità di creare una corretta pressione intraddominale dal momento che la parete addominale si troverà in una posizione di eccessivo allungamento. Questa posizione di partenza può essere ottenuta in maniera statica o in maniera dinamica. Nel primo caso le posizioni vengono raggiunte e mantenute isometricamente prima di iniziare l’alzata, questo permette soprattutto all’inizio di memorizzare meglio le varie attivazioni
Fase di stacco
La fase di stacco permette di portare il bilanciere da terra ad un’altezza che permetta di poter esprimere la maggior potenza necessaria per sollevare il bilanciere sopra la testa. Può essere divisa in varie parti, ognuna delle quali ha delle peculiarità proprie, che devono essere raccordate alla perfezione per ottenere un’alzata tecnicamente solida e ripetibile. Partendo dall’inizio abbiamo la fase di prima tirata che termina con il bilanciere appena sotto il ginocchio. In questa fase i principali muscoli motori del movimento sono i quadricipiti insieme ai glutei che contraendosi permettono al bilanciere di salire verticalmente di circa 20 cm. Di fondamentale importanza in questa fase è mantenere costante l’angolo alla schiena, ovvero muover spalle e anche verso l’alto contemporaneamente. Questo risultato lo si ottiene solamente se il busto resta compatto ed indeformabile permettendo agli arti inferiori di svolgere il proprio ruolo che è quello di staccare il bilanciere da terra. L’atleta deve pensare a spingere bene con i piedi per terra immaginando quasi come se il movimento fosse quello di una pressa.

La fase successiva è la cosiddetta fase di cambio. Questa fase è di cruciale importanza per il successo dell’alzata. Ci troviamo ora nella situazione in cui il bilanciere è a livello del ginocchio e la distanza tra esso e le anche è maggiore, la fase di cambio serve proprio a riportare il sistema atleta-bilanciere in una posizione più efficiente per poter accelerare il carico. Non appena il bilanciere supera il ginocchio le ginocchia, dopo essersi estese, tornano a flettersi e le anche si muovono in avanti diminuendo la distanza dal bilanciere sul piano sagittale. Questo piccolo movimento delle ginocchia è fondamentale e deve essere eseguito con il giusto timing, pena il possibile fallimento dell’alzata. Se si ritarda, infatti, la fase di cambio ci si troverà in una posizione dalla quale sarò difficile impartire la giusta verticalità alla traiettoria del bilanciere. Nel tentativo di rimanere troppo “sopra al bilanciere” con le spalle si tenderà a spingerlo in avanti nella successiva fase di estensione.

In questa fase è importante effettuare il movimento di flessione del ginocchio mantenendo tutta la pianta del piede a terra senza sollevare i talloni. È facile, infatti, trasformare il movimento in un’infilata sotto al bilanciere con conseguente perdita delle posizioni che porteranno ad un’estensione inefficace. Questo movimento dovrebbe avvenire naturalmente nel tentativo di mantenere il bilanciere vicino e il giusto bilanciamento. Nel caso in cui ciò non avvenga è compito dell’allenatore cercare di ricreare le giuste condizioni perché ciò accada attraverso l’utilizzo di vari stratagemmi.
Fase di estensione
Questa fase inizia dopo che la fase di cambio è stata portata a termine e permette al bilanciere di guadagnare quell’inerzia necessaria per stabilizzarlo sopra la testa. Questa fase deve essere veloce e coordinata e vede l’intervento di tutto il corpo nel tentativo di elevare il bilanciere. Tutte le articolazioni partendo dalle caviglie devono coordinarsi per fornire al carico una traiettoria più verticale possibile. In questa fase è molto importante coordinare le articolazioni di anca e ginocchio (ricordate il ritmo articolare trattato nel primo articolo??!!) in modo che le forze orizzontali di queste due articolazioni siano bilanciate. Una volta avvenuta l’estensione delle gambe, le caviglie si fletteranno, il busto si estenderà e i gomiti e le spalle inizieranno ad elevarsi. È di fondamentale importanza che la sequenza temporale di queste azioni venga rispettata pena l’incapacità di utilizzare tutta la forza muscolare a disposizione. Gli arti superiori non dovrebbero mai intervenire prima che le gambe abbiano completato la loro estensione. Questa fase è probabilmente la più difficile a livello coordinativo ma è anche quella che dà alla pesistica quelle caratteristiche di esplosività che la rendono così appetibile nella preparazione fisica di altri sport.
Durante l’estensione il petto deve rimanere alto e il busto deve mantenere la compattezza fin dall’inizio dell’alzata. Una perdita di stabilità del busto non permette alle gambe di trasferire la forza al bilanciere dissipando così parte della spinta muscolare degli arti inferiori.

Fase di scambio
La fase di scambio vede il passaggio dalla fase di completa apertura degli angoli articolari alla fase di massima chiusura degli angoli articolari degli arti inferiori che corrisponde alla posizione di incastro del bilanciere in accosciata. Questa fase mostra un’altra qualità peculiare della pesistica ovvero la capacità di passare da una condizione di massima contrazione ad una di rilassamento per poi ritrovarsi in massima contrazione. Questa capacità di contrarsi-rilassarsi-contrarsi permette all’atleta di muoversi velocemente sotto al bilanciere. Nella fase di scambio la parte alta del corpo, attraverso il movimento dei gomiti e delle spalle, svolge un ruolo attivo nell’invertire la direzione di movimento dell’atleta. Questo movimento deve essere attivo e serve a mantenere il bilanciere vicino all’atleta. Per permettere all’atleta di avere il tempo sufficiente per andare ad incastrare il carico in accosciata il bilanciere deve arrivare ad un’altezza pari a quella del petto nello strappo e dell’ombelico per quanto riguarda lo slancio.

Fase di incastro
In questa fase l’atleta si trova in posizione di massima accosciata con il bilanciere sopra la testa. Nel momento in cui il bilanciere viene bloccato sopra la testa il pesista deve mantenere una contrazione muscolare isometrica del busto pena l’instabilità e la possibile perdita del carico. Nel passaggio dalla fase di estensione a quella di incastro i piedi si muovono lateralmente senza sollevarsi molto da terra. Capita di osservare atleti che, nel tentativo di essere veloci, tendono a “scalciare” con i piedi producendo un gran rumore sulla pedana ma senza grande efficacia. Più tempo passo con i piedi in aria, minor tempo avrò per applicare forza al suolo. Solitamente i piedi si allargano fino a raggiungere una stance all’incirca larga quanto le spalle o leggermente superiore. Una stance troppo larga non è funzionale in quanto richiederebbe una mobilità maggiore per ottenere la stessa profondità e non permetterebbe di posizionare le anche in proiezione verticale sulle caviglie. Per ottenere una posizione di incastro stabile, anche e ginocchia si devono piegare simultaneamente in modo che la proiezione del bilanciere cada esattamente sul centro del piede.
Ora passiamo ad analizzare il comportamento della parte superiore del corpo nella fase di incastro. Qui sorge l’annosa questione dell’intrarotazione e extrarotazione. Se andiamo a vedere cosa fanno gli atleti più forti in circolazione vedremo come la quasi totalità di essi predilige una intrarotazione di omero in fase di incastro. Questa posizione offre numerosi vantaggi: in primis ruotando la parte anteriore del gomito in direzione anteriore permette all’olecrano di inserirsi nell’omero e limitare i movimenti dell’ulna, ruotando internamente gli arti superiori si sposta il carico dalle strutture articolari ai muscoli della parte alta della schiena, infine una rotazione interna blocca in modo naturale il movimento in direzione posteriore delle spalle che potrebbe causare una perdita del carico dietro.

Recupero
Il recupero della posizione eretta è a carico degli estensori del ginocchio e delle anche. La posizione di accosciata profonda deve essere mantenuta solo il tempo necessario per assicurare il carico sopra la testa, mantenere questa posizione per lungo tempo farebbe sprecare preziose energie inutilmente. Una volta in posizione eretta, piedi paralleli e bilanciere allineato l’atleta deve attendere il segnale dei giudici per poter abbassare il bilanciere.
Siamo giunti alla conclusione di questa nostra analisi dell’alzata di strappo. Tute queste fasi devono essere raccordate alla perfezione per dare vita ad un’alzata corretta. Nel prossimo articolo andremo ad analizzare il secondo esercizio competitivo, lo slancio.
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Dott. Gianluca Giorgi
Atleta e preparatore weight lifting
Esperto di neurologia funzionale applicata allo sport
Docente 4MOVE Academy
