IL ROTATIONAL TRAINING CON IL KETTLEBELL ? CHE COSA È ?

Il Rotational Training è un sistema di allenamento che ha come obiettivo quello di insegnare al corpo come ottimizzare i movimenti su una traiettoria rotazionale. Infatti, qualunque movimento naturale comprende una rotazione del corpo. Persino durante una camminata, una corsa o un salto verticale, i segmenti corporei non saranno mai completamente allineati.

Questo, dovrebbe farci riflettere sul perché sia poco praticato l’allenamento rotazionale! Tutti i movimenti comprendono una rotazione , dunque (e soprattutto) anche i movimenti atletici! La capacità di generare e trasferire potenza nel busto, si origina dal core, che comprende i muscoli degli addominali, della zona lombare, del pavimento pelvico e delle anche. In parole povere: allenamento rotazionale = allenamento del core = allenamento della potenza totale del corpo.

Gli esercizi rotazionali, sono uno dei pilasti del metodo FMO KB Training, soprattutto per allenare output di forza in diversi piani di movimento, che è una delle abilità fondamentali che ogni atleta dovrebbe possedere!

Come sviluppiamo la potenza rotazionale specifica per uno sport?

Di solito, si presume che allenare la forza sia il modo migliore per aumentare la potenza generale e specifica per uno sport. L’idea è che qualsiasi aumento di forza nella sala pesi si trasferirà direttamente sul piano atletico. In realtà i classici sollevamenti kb hard style o sollevamenti olimpici con il bilanciere (come squat, power clean o snatch) sono ottimi movimenti per sviluppare forza e potenza aspecifica ma non atletica specifica (Shepherd 2004; Siff et al. 1998). Ricordo una conversazione con un mio mentore durante un corso di formazione, gli chiesi quali fossero, secondo lui, gli esercizi migliori e le programmazioni migliori per sviluppare la forza efficace anche sul piano atletico. Mi riferisco alla forza per migliorare un salto verticale, accelerazioni, cambi di direzione….. ossia tutte quelle abilità che sono proprie dei movimenti sportivi. Lui in buona sostanza mi disse che, in realtà, non esistono e che eseguire i classici esercizi elencati sopra sarebbe come spendere il 50% del tempo ad allenare movimenti che potremmo usare solo per l’1% … 

Perchè allenarsi con il KB con esercizi “unconventional”?

L’allenamento rotazionale può migliorare sia la performance atletica che qualunque movimento della vita reale, poiché quando ci muoviamo liberamente non compiamo mai traiettorie lineari! Eppure, nonostante questa evidenza, questo tipo di allenamento è spesso sottovalutato e osteggiato con critiche feroci che non trovano però alcun riscontro scientifico. Per poter disquisire e comprendere cosa sia l’allenamento rotazionale è bene innanzitutto capirne la dinamica.

Il movimento rotazionale si origina sul piano frontale, per poi svilupparsi su quello trasversale, in cui avviene la vera e propria rotazione e la forza generata dagli arti inferiori: soprattutto il piede!

Quindi la forza viene trasferita agli arti superiori e, il movimento isolato delle anche, si combina e coordina con il tronco. Generalmente il mondo del fitness, si divide, tra coloro i quali ritengono che i movimenti rotazionali non debbano essere allenati con l’uso di pesi, poiché li considerano pericolosi, e quelli che erroneamente ritengono che gli esercizi di forza generale siano sufficienti per qualunque espressione di forza.

A chi è rivolto l’allenamento rotazionale con il kettlebell?

L’allenamento rotazionale con KB è rivolto a tutti coloro che vogliono muoversi meglio e che sono pronti ad uscire dalla propria confort-zone!

I campi di applicazione del metodo sono molteplici ma diciamo che possiamo riassumerli in tre grandi aree:

1) area riabilitativa: dal nostro punto di vista riabilitare significa riattivare i sistemi nervoso sia periferico che centrale, ed in particolare le componenti che partecipano allo svolgimento di quella capacità.

Questi, adeguatamente allenati, stimoleranno i tessuti periferici ad un adattamento funzionale.

La riabilitazione non si deve limitare (come quasi sempre accade) a svolgere solo esercizi in piccoli ROM di movimenti lineari… riabilitare vuol dire tornare alle funzione e senza esercizi rotazionali non stiamo svolgendo il lavoro al completo… come possiamo pensare di non proporre esercizi con rotazioni nei movimenti  ad esempio dell’anca in estensione e flessione?

2) area funzionale: in questa sezione l’allenamento rotazionale con il KB è il passo in avanti verso il fitness del futuro. Se nella vita quotidiana svolgiamo costantemente movimenti rotazionali, allora perché non dobbiamo allenarci con esercizi funzionali rotazionali?

3) area prestativa: gli atleti hanno bisogno di ottimizzare i loro gesti e le loro capacità per poter svolgere schemi motori con sovraccarico! provate ad esaminare i movimenti rotazionali che eseguono pugili, tennisti, golfisti, lottatori, calciatori, rugbisti per capire quale esercizio rotazionale potete proporre nella loro preparazione.

L’approccio corretto deve innanzitutto articolarsi in una progressione, in modo da dare al corpo il tempo di abituarsi e così migliorare e apprendere  al meglio il movimento. Innanzitutto partire da una valutazione della condizione del corpo: se si è privi di mobilità o di capacità di isolare e attivare le singole parti, non sarà possibile sfruttare la cinetica della rotazione. In questo caso sarà necessario, prima di tutto, sviluppare queste abilità e solo dopo cimentarsi nella rotazione. Infatti i fattori cruciali dei movimenti rotazionali consistono nel saper muovere velocemente le anche  e attivare il core per trasmettere la forza al tronco e agli arti superiori. Quindi il primo passo per costruire l’allenamento rotazionale avviene focalizzandoci in esercizi di mobilità attiva del torace e delle anche, esercizi di stabilizzazione del core “antirotazionali” e infine esercizi di coordinazione e sinergia tra le parti del corpo.

Il programma di apprendimento delle tecniche si articola in

1) esercizi di DJM(dynamic joint mobility) che hanno una duplice funzione: stimolazione sensoriale “propriocezione” e adattamento ai tessuti molli del corpo. Questo è il caso da applicare nei soggetti che presentano limitata capacità di mobilità analitica. Generalmente, l’iter dedicato, si trova nel modello HMO. Tuttavia, coloro che non hanno ancora frequentato il nostro corso specifico, possono avvalersi di tecniche “facilitanti” come quella della PNF (energia muscolare) a cui ricorriamo nei casi più complessi.

2) esercizi multiarticolari prehab: che hanno lo scopo di insegnare le capacità di base, per poi passare ai movimenti rotazionali più complessi con il carico. Questi esercizi comprendono i principi di dissociazione, attivazione del core e coordinazione e sinergia delle varie parti del corpo. Dunque costituiscono una base imprescindibile ed essenziale del modello che abbiamo sviluppato. Sono alla base del modello di allenamento che è strutturato in un percorso progressivo, diviso tra “esercizi padre” ed “esercizi figlio”. Nei casi in cui si riscontrano delle difficoltà, si uniscono gli esercizi multiarticolari prehab agli” esercizi padre” per colmare le lacune e avanzare nella progressione.

Questo è un altro punto che differenzia il modello di insegnamento rotazionale rispetto alle principali scuole di KB, in cui la progressione coincide soltanto con l’aumento del peso del KB, mentre qui si applica una visione più complessa ed estesa sia del movimento che dell’utilizzo dello strumento.

Avremo modo di approfondire in altri articoli le varie distinzioni tra prehab, DJM e esercizi padre e figlio!!!

A livello organizzativo il percorso che segna il raggiungimento dell’obiettivo di FMO Kettlebell Trainer è strutturato in 3 livelli di certificazione introdotti da un seminario più breve, di una singola giornata, in cui si fondano le basi del sistema per poi poter svolgere in maniera adeguata i 3 step di certificazione. Il primo seminario viene tenuto in molte date durante l’anno ed in numerose città. Se vuoi approfondire a riguardo puoi semplicemente cliccare sul bottone qui sotto per andare alla pagina del corso

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Autore dell’articolo
Dott. Marco Maccari
Chinesiologo, Fisioterapista
Specializzato in neurologia funzionale applicata

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