L’analisi del problema in HMO

In HMO lo scopo ultimo della formazione è fornire gli strumenti per valutare e allenare il sistema nervoso in maniera da produrre un miglioramento del confort motorio dell’individuo e quindi del suo stile di vita. Tale miglioramento si traduce, immediatamente, in un incremento delle possibilità di sviluppare “performance” indipendentemente da quello che il soggetto in esame intende per performance. Per la “signora Pina”, infatti, performance potrà essere salire le scale con le buste della spesa in mano senza noia alla schiena o in generale con più facilità, per l’atleta sarà migliorare i risultati in campo, per chi ha dolore o proviene da un infortunio sarà probabilmente avere una capacità di muovere la parte infortunata o dolorante con meno fastidio e più agevolmente. 
Ma la valutazione del SNC e il suo allenamento è un processo estremamente complesso e spesso aleatorio, è proprio per questo che il percorso verso i più alti livelli di applicazione è suddiviso in più step di certificazione con obiettivi di difficoltà crescente. Al primo livello ci concentriamo sulle afferenze propriocettive e sulla possibilità di fornire un modello immediato ma che non toglie possibilità di ragionamento a coloro che da subito hanno voglia di cimentarsi in sfide più complesse.

Nello specifico intrecciamo, nell’approccio di primo livello, 3 vie di analisi creando un integrazione di informazioni:
1 – Anamnesi, che nel nostro caso si concentra molto sulla storia degli infortuni del soggetto
2 – Prime valutazioni sulle “slings”
3 – Gait Analysis, per valutare segni di un ipotono funzionale della PMRF

L’integrazione di questi 3 elementi permette di individuare, con un procedimento statistico, le zone che hanno maggior rilevanza per il SNC dell’individuo in questo momento e capire quale stimolo motorio applicare per il miglior risultato possibile.

Punto 1 : anamnesi

All’interno del modello sono codificate semplici domande, molto specifiche, che hanno lo scopo di mettere in evidenza la storia degli infortuni del soggetto, delle sue operazioni chirurgiche e dei momenti in cui ha vissuto lunghi periodi di dolore ricorrente. Perchè proprio questi 3 elementi fanno da cardine a questo primo step valutativo? la risposta è estremamente complessa, ma per l’occasione cercheremo di semplificarla al massimo lasciando gli elementi di discussione più strutturati al corso stesso. In sintesi potremmo racchiudere questi 3 eventi (infortunio, operazione e dolore) sotto 2 grandi insiemi di cui il primo (infortuni e operazioni) contiene indizi di possibili modificazioni neuroplastiche dovute a cause esterne. In questo caso il sito dell’infortunio o dell’operazione ci è di grande interesse perchè il nostro sistema nervoso reagisce immediatamente al trauma con adattamenti transitori. A livello corticale, ad esempio, la rappresentazione della zona traumatizzata cambia cosi come si modificano le informazioni provenienti dai recettori dell’area coinvolta, il fenomeno è complesso e composto da numerose variabili, tra le quali, una decisamente importante e recentemente molto studiata, la ritroviamo anche in modificazioni legate al dolore cronico e prende il nome di Smudging Corticale. Spesso però, anche con un lavoro post infortunio di altissima qualità, siamo in grado di recuperare solo una parte della condizione neurologica di partenza. Se poi ci aggiungiamo che nella maggior parte dei casi il lavoro di recupero post infortunio è addirittura trascurato ci rendiamo facilmente conto come il quadro informazione inviata/informazione elaborata potrà cambiare in sequenza al trauma. Questo cambiamento produrrà, volenti o nolenti, una trasformazione di tutta la gestione del movimento che potrà essere più o meno marcata e quindi più o meno percepibile. Già quanto scritto qui sopra ci fa intuire come una cicatrice possa essere influente sul movimento di tutto il sistema anche solo per come essa cambierà la condizione dei recettori locali e delle informazioni inviate dagli stessi. Questi siti, risultano quindi indispensabili da stimolare per aiutare il miglior ripristino possibile del funzionamento del relativo nevrasse.

All’interno del modello sono codificate semplici domande, molto specifiche, che hanno lo scopo di mettere in evidenza la storia degli infortuni del soggetto, delle sue operazioni chirurgiche e dei momenti in cui ha vissuto lunghi periodi di dolore ricorrente. Perchè proprio questi 3 elementi fanno da cardine a questo primo step valutativo? la risposta è estremamente complessa, ma per l’occasione cercheremo di semplificarla al massimo lasciando gli elementi di discussione più strutturati al corso stesso. In sintesi potremmo racchiudere questi 3 eventi (infortunio, operazione e dolore) sotto 2 grandi insiemi di cui il primo (infortuni e operazioni) contiene indizi di possibili modificazioni neuroplastiche dovute a cause esterne. In questo caso il sito dell’infortunio o dell’operazione ci è di grande interesse perchè il nostro sistema nervoso reagisce immediatamente al trauma con adattamenti transitori. A livello corticale, ad esempio, la rappresentazione della zona traumatizzata cambia cosi come si modificano le informazioni provenienti dai recettori dell’area coinvolta, il fenomeno è complesso e composto da numerose variabili, tra le quali, una decisamente importante e recentemente molto studiata, la ritroviamo anche in modificazioni legate al dolore cronico e prende il nome di Smudging Corticale. Spesso però, anche con un lavoro post infortunio di altissima qualità, siamo in grado di recuperare solo una parte della condizione neurologica di partenza. Se poi ci aggiungiamo che nella maggior parte dei casi il lavoro di recupero post infortunio è addirittura trascurato ci rendiamo facilmente conto come il quadro informazione inviata/informazione elaborata potrà cambiare in sequenza al trauma. Questo cambiamento produrrà, volenti o nolenti, una trasformazione di tutta la gestione del movimento che potrà essere più o meno marcata e quindi più o meno percepibile. Già quanto scritto qui sopra ci fa intuire come una cicatrice possa essere influente sul movimento di tutto il sistema anche solo per come essa cambierà la condizione dei recettori locali e delle informazioni inviate dagli stessi. Questi siti, risultano quindi indispensabili da stimolare per aiutare il miglior ripristino possibile del funzionamento del relativo nevrasse.

Non capita raramente di lavorare con soggetti che hanno limitazioni funzionali e riescono a migliorare rapidamente su queste stimolando con della semplice mobilità articolare zone del corpo in cui si sono svolti vecchi infortuni, la motivazione risiede in parte in quanto detto sopra. Attenzione: spesso questo vuol dire lavorare proprio su zone del corpo non correlate con la limitazione funzionale, quindi se si hanno problemi ad una spalla, ad esempio, il miglioramento potrebbe venire dal lavoro fatto su una caviglia. Se volete fare una prova vi basti stimolare con un massaggio una vostra cicatrice e magari, subito dopo, somministrare a quella stessa zona del corpo un specifico esercizio di mobilità articolare sviluppato con molta attenzione e controllo motorio. Successivamente provate nuovamente a fare il movimento che prima vi produceva dolore o limitazione motoria e fateci sapere il risultato, anche come commento a questo articolo. Se poi vorrete approfondire ulteriormente ==> QUI <== trovate un ottimo modo per farlo.

Il secondo insieme contiene i segnali di “allarme” (dolore) che il SNC sta emettendo e che sono spesso legati a modificazioni neuroplastiche in atto, ma non necessariamente dovute a cause esterne. Se vogliamo fare un esempio il dolore avuto per 3 mesi ad un braccio potrebbe essere l‘output generato da una modificazione a livello centrale, ma non dovuta necessariamente ad una botta presa sul braccio stesso. E’ veramente molto importante prendere in considerazione questo elemento anamnestico, perchè il dolore può raccontarci quali parti del nostro corpo possono “apparire” più delicate o significative per il SNC e quindi darci indizi su dove operare per migliorare il lavoro della centralina. Pensaci su: quando hai dolore questo appare in zone specifiche che per te risultano collegate a traumi, incidenti anche quando in questo momento non vi è più presente lesione dovuta a quel trauma.

Il dolore è fastidioso, si, ma è soprattutto il GRANDE modo che il nostro cervello ha di comunicarci qualcosa e, quindi, imparare ad ascoltarlo e a decifrarlo può darci un turbo sui risultati: sportivi, riabilitativi o in generale di qualità della vita.

Il dolore è un mondo complicatissimo che solo recentemente, in particolare dopo le pubblicazioni di Melzack del 1999 e del 2001, ha avuto una impennata di pubblicazioni annue. Questo è avvenuto anche grazie all’avvento di strumenti, come le risonanze magnetiche funzionali, che hanno sviluppato moderni modelli di indagine degli eventi a carico del SN. C’è tantissimo da cui imparare nelle moderne ricerche sul dolore, partendo dal cambio di paradigma che dobbiamo attuare quando parliamo di questo fenomeno: troppo legato a criteri di causa-effetto nella mente di molti operatori di settore, quando invece tutti i recenti studi dimostrano che il dolore non è necessariamente collegato ad una causa algogena (trauma, frattura, lesione…). Anche in questo caso, se hai voglia di approfondire di più puoi andare ==> QUI <==

Ognuna delle aree individuate con questo primo processo anamnestico ha per noi un importanza cardinale per sta competendo ad inviare segnali di minaccia alla centralina e quindi a limitare le potenzialità attuative di tutto il sistema.

Punto 2 : le “slings”

Si parla ormai molto di catene miofasciali [Mayer 2014] e l’ottica popolare pare orientata a suffragare a pieno questa teoria. In HMO, però, vi proponiamo una visione aggiuntiva di questo quadro dove le catene non trovano solo una giustificazione di tipo meccanico, ma inevitabilmente, neuro meccanico. In sintesi ciò che accade a livello della caviglia non influenza anche la spalla per semplice conduzione della risultate lungo la catena, ma deve essere operato e gestito anche dal SNC in maniera coordinata per poter far si che la risultante in questione produca un movimento coordinato del sistema. Ciò suggerisce che le informazioni dei recettori di una parte della catena non potranno discriminare da quelle di un’altra parte della stessa e quindi la possibilità che uno stimolo in un area possa influenzare anche la risposta sistemica di tutta la catena o di un’altra parte. Questo fenomeno è particolarmente rilevante su specifiche “linee funzionali” denominate SLINGS e quindi sappiamo, per fare un esempio fra tanti, che l’estensione dell’anca destra non può essere dissociata dalla flessione del braccio sinistro. Possiamo tenere di conto di questo fattore in un approccio HMO? ovviamente si!! e quindi andremo a stimolare determinate aree delle SLINGS e con determinati schemi di movimento in funzione del problema che vorremmo risolvere o della funzione che vorremmo migliorare

Ovviamente stiamo facendo una semplificazione estrema del fenomeno che verrà trattato in maniera più approfondita all’interna della certificazione di primo livello. Proprio in quella fase del corso chiariremo anche tutti gli altri elementi che permettono di ragionare secondo questa strategia, tra questi anche i gruppi di neuroni che prendono il nome di CPG (Central Pattern Generator). I generatori di schemi centrali sono circuiti neuronali che, attivati, possono produrre schemi motori ritmici come camminare e respirare in assenza di input sensoriali o discendenti che trasmettono informazioni di temporizzazione specifiche. Studi mostrano che i movimenti ritmici possono essere generati in assenza di input sensoriali [Marder 2001]. Ciò vuol dire che questi gruppi organizzano il movimento in maniera grezza, ma autonoma, in risposta alle informazioni recettoriali senza un azione discendente da parte del SNC. In questo quadro, aree che si attivano insieme duranti i gesti coordinati da i CPG (ad esempio il braccio sinistro e la gamba destra nel passo) devono influenzarsi per poter permettere una omeostasi del movimento.

Punto 3 : PMRF

La PMRF (Pons Medulla Reticular Formation) è una porzione molto importante del tronco dell’encefalo coinvolta nel controllo di molte funzioni del sistema nervoso vegetativo, tra cui quelle cardiocircolatorio, respiratorie e gastrointestinali, nella modulazione di riflessi muscolari, nella modulazione della nocicezione, nella regolazione degli stati di coscienza e ritmi sonno-veglia. Le due funzioni sottolineate in grassetto sono quelle che maggiormente ci interessano perchè è proprio l’ottimizzazione della funzionalità di questa area del SNC e l’ottimizzazione dell’integrazione dei segnali che transitano attraverso essa che può venirci in aiuto nel nostro lavoro. Si pensi che il solo 10% delle efferenze che provengono dalla corteccia motoria primaria viene proiettato controlateralmente verso le vie motoneurali che attueranno il gesto programmato (alzare un bicchiere, colpire una palla, muovere una gamba…), il 90 % delle informazioni, invece, transita lungo la parte ipsilaterale della PMRF che utilizza queste informazioni per modulare il tono posturale adeguato al gesto pianificato, quindi, renderlo più funzionale o performante possibile.

Quando la PMRF presenta un ipotono funzionale la mancata inibizione dei nuclei della IML ha un effetto modulatorio multiplo sullo stesso lato dell’ipotono quale:

Mancata inibizione del dolore

•Facilitazione dei muscoli flessori e rotatori interni da T6 in sù

•Facilitazione dei muscoli estensori e rotatorie esterni da T6 in giù

•Aumento della pressione sanguigna

•Incremento della sudorazione 

•Abbassamento della temperatura della pelle

•Pupille allargate

•Aritmia (disfunzione sinistra) / Tachicardia (disfunzione destra)

Dunque andare ad “attivare” il nevrasse che transita per la via “ipotonica” può permettere di migliorare la funzionalità inibita. Ancora un motivo per cui il lavoro recettoriale controlaterale può portare benefici. Nell’analisi del passo, l’operatore esperto, può andare a leggere i segni 2 e 3 della scaletta di cui sopra, da integrare ovviamente con tutta un altra serie di informazioni anamnestiche che mi permettono di capire se i segni individuati appartengono effettivamente ad un funzionamento non ottimizzato di quella parte del SNC. Da qui la possibilità di inserire un protocollo specifico nel lavoro di ottimizzazione motoria.

Ora, per mettere in pratica, ti aspettiamo alla prossima certificazione di primo livello HMO, clicca ==>QUI<== per info!

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